Gli Yōkai, i mostri della tradizione giapponese, arrivano a Firenze, negli spazi espositivi del Museo degli Innocenti, dal 13 giugno al 3 novembre 2024.
L’appuntamento è con “Yōkai. Mostri, Spiriti e altre inquietudini nelle Stampe Giapponesi”: una mostra totalmente nuova rispetto a quelle proposte a Monza e Bologna, con centinaia di opere del XVIII e XIX secolo mai esposte prima (stampe antiche ancora inedite, libri rari, maschere, armi ed armature in prestito dal Museo Stibbert di Firenze) e due nuovi curatori d’eccezione: Paola Scrolavezza, tra le massime nipponiste in Italia, direttrice del Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture moderne dell’Università di Bologna, e Eddy Wertheim, direttore della Japanese Gallery Kensington di Londra.
Sensazioni, inquietudini e paure dell’epoca Edo
Dopo lunghe lotte intestine, agli inizi del XVII secolo l’epoca Edo inaugurò in Giappone un periodo di pace e stabilità, destinato a durare oltre duecento anni, e caratterizzato dalla politica del sakoku, il “paese chiuso”, volta a impedire qualsiasi contatto con l’occidente, da un rigido controllo politico e sociale e da profondi squilibri economici. Nella produzione artistica – sia figurativa che letteraria – si afferma l’estetica del “crepuscolo”, in giapponese tasogare, adatta a dar voce a quest’epoca di trasformazioni. Gli yōkai e gli yūrei, i mostri e gli spiriti che popolano le leggende giapponesi sin dalle origini, quando venivano tramandate oralmente, incarnano alla perfezione sensazioni, inquietudini, paure e desideri frutto di questo preciso momento storico.
Ed ecco che gli odokuro, giganteschi scheletri affamati, i bakeneko, gatti mostruosi, i kappa, esseri acquatici che importunano le natanti, le kitsune, avvenenti donne-volpi, iniziano ad essere raffigurati da artisti famosi invadendo così le stampe ukiyoe, dove si mescolano alle scene e agli spazi del quotidiano – i vicoli cittadini, le abitazioni dei mercanti, le grandi arterie di comunicazione, i quartieri di piacere, i teatri – per raccontare il riemergere di tutto ciò che si cerca di nascondere, controllare, regolamentare: la paura della notte, con le ombre che si celano nelle strade o nelle campagne dimenticate dal processo di urbanizzazione; le passioni che esplodono incontrollate e sfidano i rigidi codici di comportamento; la minaccia delle creature che si nascondono sul fondo dei fiumi e tornano a reclamare lo spazio e il tempo della natura che l’uomo tenta di governare.
Un antico rituale per trovare il coraggio
La mostra si apre con una sala immersiva che fa rivivere al visitatore l’esperienza della più leggendaria prova di coraggio dei samurai: il rituale delle 100 candele. Rituale che iniziava dopo l’ora del tramonto e vedeva i samurai riunirsi in una stanza illuminata dalla luce di cento candele. Ognuno di loro doveva raccontare ai compagni una storia popolata di yōkai, i mostri giapponesi appunto, con l’obiettivo di testare il loro coraggio spaventandoli a morte. Al termine della storia, chi l’aveva narrata doveva alzarsi, spegnere la candela di una lanterna, prendere uno specchio e specchiarvisi nell’angolo più lontano dagli altri: l’oscurarsi progressivo della stanza accompagnava la narrazione di racconti sempre più spaventosi e carichi di suspense.
Allo stesso modo i visitatori faranno il loro ingresso in una stanza totalmente buia, illuminata soltanto dalla fioca luce di cento candele che, con un gioco di specchi sembreranno moltiplicarsi e proietteranno sui loro volti rosse ombre tremolanti. Le candele si spengeranno poi una ad una, accompagnate dalla voce roca del fantasma di un vecchio samurai, morto dopo essere impazzito per aver incontrato un vero mostruoso yōkai nella notte.
Una volta usciti dalla sala delle cento candele, facendosi strada nella fioca luce della mostra, i visitatori incontreranno le stampe dei mostri, sorpresi da voci, suoni, rochi racconti improvvisi ed evocazioni che metteranno in scena la paura degli antichi samurai.
In mostra la paura
Anfibi bizzarri, oggetti animati, mutaforma, scheletri e fantasmi, ibridi inquietanti e improbabili: l’estetica del grottesco e del mostruoso pervade la cultura giapponese fin dalle sue origini, giocando un ruolo di primo piano nell’arte visiva e nella letteratura grazie all’eccezionale vitalità del suo potenziale creativo che le permette di reincarnarsi in immagini e narrazioni sempre nuove.
Dalle figure tradizionali di bakemono e yūrei cristallizzate nelle stampe ukiyoe del periodo Edo (1603-1868) agli esoscheletri esoterico-apocalittici di Evangelion, alla sfilata dei Pokémon, agli inquietanti protagonisti del J-Horror e del cyberpunk, ai mostri superpiatti di Murakami Takashi e all’estetica urbana del monster kawaii, il mostruoso conserva la sua eccezionale energia e continua ad affermarsi come simbolo privilegiato di una cultura percepita come in continua trasformazione.
La parola yōkai è composta da due caratteri, 妖 (yō) e 怪 (kai): il primo suggerisce fascino, incanto; il secondo significa apparenza, mistero. Le creature che rientrano in questa categoria sono praticamente innumerevoli. Dopo tutto, il Giappone è la terra delle ottomila divinità, perché ogni elemento naturale – albero, roccia, ruscello d’acqua – ma anche ogni oggetto nato dal genio o dal lavoro umano può contenere una scintilla del divino.
La cultura giapponese, quindi, è intrisa di una forma di spiritualità già predisposta alla proliferazione di creature che nascono dall’intersezione tra fantastico, religione e vita quotidiana.
Lo yōkai “è l’incarnazione di un certo momento culturale – di un tempo, di un sentimento e di un luogo”, scriveva J.J. Cohen in un famoso saggio del 1994. Ed è su questo concetto che si basa il percorso proposto in mostra.
Il percorso espositivo
A introdurre la mostra una selezione di stampe di maestri quali Utagawa Kuniyoshi (1798-1861) e Utagawa Toyokuni III (1786-1865) immergeranno i visitatori nelle atmosfere brulicanti di vita e di piaceri dell’epoca Tokugawa, mentre a concluderla sarà un tuffo in una delle storie più amate dell’ultimo scorcio del periodo, il Nansō satomi hakkenden di Takizawa Bakin (1767-1848), celebre romanzo fiume in centosei volumi scritto tra il 1814 e il 1842, splendidamente tradotto in immagini da Utagawa Yoshitaki (1841-1899) e Utagawa Toyokuni III.
L’intero percorso espositivo si costruisce, quindi, dando voce ai luoghi, agli spazi, ai sentimenti e alle sensazioni che gli yōkai incarnano per arrivare al cuore della creazione di un immaginario profondamente radicato nella cultura giapponese e attraverso di esso esplorarne le pieghe più intime, nella quali si nascondono sensazioni, inquietudini, paure e desideri vivi, reali e materici.
Così, nella sezione Trepidazione – viaggiare con la fantasia, troviamo Lo sterminio dei demoni da parte di Momotarō, attribuita a Katsushika Hokusai o alla sua scuola. La stampa raffigura uno dei momenti più iconici della celebre fiaba giapponese di Momotarō, il “bambino pèsca” che riesce a sconfiggere i terribili oni – creature mitologiche simili ai demoni e agli orchi – nell’isola di Onigashima, riconsegnandola al signore del luogo. Ancora, è esposta qui Shoki che cattura un demone in sogno, un’opera tratta dall’incredibile serie Le nuove forme dei trentasei fantasmi di Tsukioka Yoshitoshi, in cui l’artista, considerato l’ultimo grande maestro dell’ukiyoe, illustrò trentasei dei suoi racconti preferiti ispirati alle storie e alle leggende giapponesi, con il suo peculiare stile che rendeva le opere oltremodo terrificanti.
Raccontano di lealtà e vendetta le diverse stampe proposte in mostra dedicate alla vicenda storica dei quarantasette ronin di Edo che, nel XVIII secolo, vendicarono il loro signore per poi infliggersi la morte attraverso il seppuku. Tra queste, L’omaggio dei quarantasette ronin al loro signore di Kuniyoshi Utagawa, maestro nelle stampe di guerra.
Il Museo Stibbert, importante collaborazione con Firenze
La mostra Yōkai si avvale della preziosa collaborazione del Museo Stibbert di Firenze, che concede in prestito per l’occasione un nucleo composto da due straordinarie armature samurai, una delle quali, in acciaio, seta, cuoio, legno e crine, risalente al 1738 e costruita da Myōchin Muneakira, il più abile artigiano di loriche del Giappone del periodo Edo, ma anche elmi e antiche spade tachi, lunghe e incurvate, usate principalmente dalla nobiltà a cavallo. I pezzi provengono dalla preziosa armeria giapponese dello Stibbert, tra le più ricche al mondo, che vanta esemplari del periodo del cosiddetto Sengoku jidai, l’epoca del paese in guerra, quando a partire dal XV secolo, in un mondo dominato dal timore della morte, il guerriero si trasforma esso stesso in uno yōkai. Le forme delle armature prendono sempre più spesso ispirazione dalle figure terrifiche create dall’immaginazione popolare, che iniziano a popolare anche i pesanti elmi e le else dei pugnali.
Mostra nella mostra: le illustrazioni di Giulia Rosa
Come ogni progetto firmato Vertigo Syndrome, anche Yōkai. Mostri, Spiriti e altre Inquietudini nelle Stampe Giapponesi presenta l’immancabile “mostra nella mostra” con una selezione di opere realizzate appositamente per l’occasione da giovani artisti o artiste contemporanei. Stavolta, le tavole inedite sono dell’illustratrice Giulia Rosa, che ha scelto di raccontare – con il suo tratto onirico e delicato – la vita, le relazioni, l’amore e le altre crisi esistenziali quotidiane che tutti ci troviamo ad affrontare, lasciandosi ispirare dal favoloso mondo degli yōkai. Giulia Rosa ha pubblicato i suoi disegni su riviste nazionali e internazionali e collabora con le maggiori case editrici italiane per la realizzazione di volumi e copertine editoriali.
L’estetica del grottesco nella cultura giapponese di oggi: da Son Goku a Demon Slayer
La mostra si completa con una selezione di illustrazioni, poster e locandine contemporanee realizzate per gli anime di oggi, da Son Goku, l’iconico protagonista della serie animata Dragon Ball, ispirato allo Scimmiotto del celebre classico cinese Viaggio in Occidente, fino a GeGeGe no Kitarō, a Pom Poko e al successo mondiale Demon Slayer. I capolavori di Miyazaki Hayao, Toriyama Akira e di altri grandi autori mostrano come l’estetica del grottesco e del mostruoso, che pervade la cultura giapponese fin dalle sue origini, sia ancora oggi protagonista indiscussa nell’arte visiva, grazie alla incredibile vitalità del suo potenziale iconopoietico, che le consente di reincarnarsi in immagini e racconti sempre nuovi.
Ti potrebbe interessare: Visitare Firenze in 3 giorni: l’itinerario perfetto