In occasione della celebrazione dei 500 anni dalla morte di Raffaello Sanzio, dal 24 marzo (fino al 10 gennaio 2021) gli spazi della Domus Aurea (sala ottagona e ambienti limitrofi) ospiteranno un evento espositivo dedicato al tema delle grottesche, con straordinari apparati interattivi e multimediali. Il progetto, curato dal Parco archeologico del Colosseo e dal professor Vincenzo Farinella con l’organizzazione di Electa, ha l’ambizione di raccontare la storia e l’arte di uno dei complessi architettonici più famosi al mondo, che ha segnato e influenzato, con la sua scoperta, l’iconografia del Rinascimento.
Si tratta di una storia che comincia intorno al 1480, quando alcuni pittori (Pinturicchio, Filippino Lippi e Signorelli tra i primi) si calano nelle cavità del colle Oppio per recarsi, a lume di torce, ad ammirare le decorazioni pittoriche delle antiche abitazioni romane: pensavano di trovarsi di fronte agli affreschi delle Terme di Tito e invece stavano scoprendo, senza ancora saperlo, le rovine dimenticate dell’immenso palazzo imperiale che Nerone, dopo il disastroso incendio del 64 d. C., aveva voluto far costruire nel cuore di Roma.
Nel 1496 appariva a stampa per la prima volta il termine “grottesche”, coniato probabilmente dagli stessi artisti per definire i diversi sistemi decorativi della pittura antica riscoperti nelle grotte romane. Sarà però Raffaello, nel secondo decennio del Cinquecento, insieme al fidato collaboratore Giovanni da Udine, a comprendere a fondo la logica di questi sistemi decorativi, riproponendoli organicamente, grazie alle sue profonde competenze antiquarie, per la prima volta nella Stufetta del cardinal Bibbiena (1516) e poi, sempre nell’appartamento del Bibbiena nel Palazzo Apostolico in Vaticano, nella Loggetta (1516-17), vera e propria prova generale per il grande ciclo di stucchi e affreschi all’antica realizzato nelle Logge vaticane (1517-1519). Proprio la ricostruzione virtuale, in scala 1:1, della Stufetta del cardinal Bibbiena, ideata da Raffaello dopo un intenso studio delle decorazioni romane e realizzata dai suoi collaboratori (Giulio Romano e Giovanni da Udine), un ambiente celeberrimo ma sostanzialmente sconosciuto (perché situato in una zona dei palazzi vaticani inaccessibile al grande pubblico), costituirà uno dei fulcri di questa esposizione.
La secolare fortuna delle grottesche, in particolare nell’interpretazione fornita da Raffaello e dai suoi seguaci, può essere documentata anche sul lunghissimo periodo: alcuni dei massimi artisti novecenteschi, come Paul Klee e Alexander Calder, hanno infatti subìto il fascino delle grottesche antiche e rinascimentali. Saranno in particolare i principali esponenti del Surrealismo (Victor Brauner, Salvador Dalì, Max Ernst, Joan Miro, Yves Tanguy), a causa della natura fantastica, irrazionale, sostanzialmente irrealistica, di questo sistema decorativo, a essere sedotti dall’ “arte magica” delle grottesche, riproponendo ancora una volta, in chiave onirica e freudiana, quelle invenzioni capaci di scandalizzare il gusto dei classicisti e la falsa coscienza dei moralisti.