A cavallo tra Toscana ed Emilia-Romagna, tra le province di Firenze, Arezzo e Forlì-Cesena, si estende un’area che ieri era terra di idoli pagani, pastori ed eremiti e oggi è parco nazionale e riserva naturale. Il filo che unisce passato e presente, qui nelle Foreste Casentinesi, è però sempre lo stesso: la bellezza della zona, la biodiversità dei suoi boschi, la sua capacità di parlare dritto all’anima.
Un parco dalle radici antiche
Abitata già dai tempi degli Etruschi – che avevano identificato nel lago di Ciliegiata sul Monte Falterona il loro luogo di culto più importante, il cosiddetto “Lago degli idoli” in virtù della quantità di reperti ritrovati nelle sue acque – e sfruttata nel Medioevo per il suo legname, l’area è stata conservata pressoché intatta nelle sue caratteristiche naturalistiche e storiche grazie anche alla presenza degli insediamenti monastici di San Romualdo a Camaldoli (dal 1012) e di San Francesco d’Assisi a La Verna (dal 1213).
Nel corso dei secoli, e a fasi alterne a causa di pestilenze e guerre, la zona è stata antropizzata grazie alla presenza di piccoli insediamenti e villaggi dediti principalmente ad agricoltura, pastorizia e silvicoltura: questo fino al secondo dopoguerra, quando le migrazioni verso i centri urbani svuotarono le pendici della Romagna, del Casentino e del Mugello dai loro abitanti, come accadde un po’ in tutta la campagna montana di Alpi ed Appennini nel medesimo periodo. Un destino, questo, che in un certo senso permise tuttavia il mantenimento dell’area e delle sue caratteristiche naturalistiche e boschive, tra le più pregiate d’Europa.
Non a caso nel 1959 venne qui istituita la prima riserva naturale integrale d’Italia – quella di Sasso Fratino – insignita nel 1985 del Diploma delle Aree Protette del Consiglio d’Europa: oggi l’area fa parte del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna (istituito a sua volta nel 1993) e insieme alle faggete del parco nel 2017 è stata inserita dall’Unesco nel Patrimonio Mondiale dell’Umanità all’interno del sito condiviso “Foreste primordiali di faggi dei Carpazi e di altre regioni d’Europa”. Non solo: nei suoi 37mila ettari complessivi di superficie, il Parco accorpa anche la Riserva Naturale Integrale del versante nord del Monte Falco (la cima più alta dell’area protetta con i suoi 1658 metri slm) e le Riserve Naturali Biogenetiche di Campigna, di Scodella, di Camaldoli e di Badia Prataglia.
Parola d’ordine: biodiversità
Foreste secolari attorno ai santuari, antiche foreste di faggi e abeti bianchi tra le più pregiate e le meglio conservate d’Europa, querceti e castagneti, pascoli in quota… Ma anche borghi ricchi di storia e testimonianze di un passaggio umano stratificato nel corso dei secoli: il parco delle Foreste Casentinesi è caratterizzato da una grande varietà di paesaggi e da una ricchissima biodiversità, sia vegetale che animale. Qui, ad esempio, c’è la più importante popolazione di lupo dell’Appennino settentrionale; qui pascolano e vivono quattro specie di grandi ungulati (cervi, caprioli, cinghiali e daini) e sempre qui nidifica oltre un centinaio di specie di avifauna.
Sul suo sito, il Parco mette a disposizione tutta una serie di risorse multimediali per consultare le mappe di distribuzione di alcune delle specie più significative dell’area protetta, oltre che informazioni dettagliate sui sentieri, le escursioni e le peculiarità della zona.
Sul numero 282 (luglio 2020) di Itinerari e Luoghi, disponibile in edicola e online, trovate maggiori informazioni, curiosità e un itinerario dedicato alle Foreste Casentinesi in terra arentina.
Qui trovate invece tutti i nostri consigli di viaggio.