Non solo terra di tartufi e vini pregiati. Alba, nel cuore delle Langhe, è stata culla di artisti e intellettuali all’avanguardia, quelli fuori dalle righe, i cosiddetti “artisti liberi”, che nel 1956 si riunirono, proprio in quella cittadina, in un congresso di risonanza mondiale che aveva come tema le arti libere e le attività industriali, e che si rivelò “un’enorme e sconosciuta reazione chimica”.
Certo Pinot Gallizio, l’artista attorno al quale si era riunito il congresso, albese doc, aveva fatto centro con quell’espressione: chi guarda le sue opere rimane allibito dall’incomprensibile mix di vernici, peci, sabbie e oli che va quasi a imbrattare i suoi rotoli di tela. Le creazioni di Gallizio e degli artisti liberi sconvolsero, disgregandolo in modo aggressivo, il linguaggio figurativo dell’epoca, il cui ordine fu rigurgitato durante i processi delle nuove sperimentazioni. Tondini di metallo e frammenti di vetro, tubi al neon che illuminano spirali, serie numeriche e lettere per lanciare un messaggio, magari un quesito: che fare? Materiali utilizzati fino ad allora solo nell’ambito industriale furono coraggiosamente presentati in vesti inusuali e iniettati di una dose di energia, che li promosse dagli scaffali dei magazzini alle sale espositive in cui, attraverso l’interpretazione di artisti certamente rivoluzionari, diventarono protagonisti di opere d’arte. (Nella foto di apertura: Pinot Gallizio. Senza titolo – o rotolo di pittura industriale – , 1958. e Piero Sismondo, Figurine).
Opere che urlavano voglia di rinnovamento, di libera espressione, rifiuto del funzionalismo del tempo e dei canoni imposti dalle richieste di mercato a favore della fantasia e della libertà artistica: il cosiddetto “immaginismo”. Così il laboratorio diventò una sorta di cantiere della sperimentazione collettiva, in cui una nuova prospettiva fu basata sulla spontaneità dell’artista e sull’esperienza dinamica dei materiali, attraverso processi che ne rivelavano l’imprevedibilità, il mutamento, il divenire, sinonimo del futuro.
LA MOSTRA
Durante il Congresso del 1956, Pinot Gallizio realizzò, assieme ad altri artisti, Constant, Asger Jorn, Jan Kotik, Piero Simondo, e il figlio Giorgio Gallizio, l’opera Senza titolo (olio e resina su masonite, 155×75 cm), esempio di pittura collettiva che, nel 2018, la Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo è riuscita ad acquistare, evitando che fosse venduta all’estero, e oggi la espone con orgoglio all’ingresso della mostra organizzata insieme al Castello di Rivoli Museo d’Arte contemporanea e allestita negli ambienti della Chiesa di San Domenico ad Alba, dal 22 settembre al 10 novembre 2019.
Per un rinnovamento immaginista del mondo. Pellizza da Volpedo (Taner Ceylan), Pinot Gallizio (con Constant, Giorgio Gallizio, Asger Jorn, Jan Kotik e Piero Simondo), Mario Merz: questo il titolo della mostra, nella quale opere di alcuni artisti che parteciparono al congresso sono presentate accanto a Il Quarto Stato di Pelizza da Volpedo nella riedizione dell’artista turco Taner Ceylan, in cui contadini e braccianti marciano verso il riconoscimento dei loro diritti. Un modo per far emergere le relazioni che intercorrono tra gli artisti liberi, apparentemente proiettati verso una realtà astratta, e la concretezza che è invece nascosta nel loro linguaggio, che ha come fondamento anche un forte impegno sociale, attraverso un articolato intreccio tra arte e politica – arte e verità – arte e tecnica.
L’ARTE POVERA DI MARIO MERZ
“Se la forma scompare la sua radice è eterna”: in questo verso del poeta mistico Rumi si ritrova la complessa visione di Mario Merz (1925-2003). Le linee semplici e severe della chiesa di San Domenico accolgono al centro della navata centrale, lo scheletro di una calotta emisferica. Materiali di fortuna e si incastrano, in maniera apparentemente instabile, quasi a volerne riparare la struttura, alternando condizioni di apertura e chiusura, trasparenza e opacità.
È uno dei famosi igloo di Mario Merz, rappresentazione chiave dell’Arte povera: un’abitazione primordiale e attuale al tempo stesso, simbolo della volta celeste. Un luogo di condivisione attraverso il quale l’artista vuole indagare sul rapporto dell’uomo tra interno ed esterno, individualità e collettività. L’igloo appartiene alla cultura nomade e coerentemente con questo principio esso è la forma che accompagna il cammino dell’artista. L’architettura (l’igloo), che è “fondata” dal tempo della civiltà, è a sua volta “sfondata” e continuamente rimessa in questione e in gioco dinamico dal tempo della natura.
PINOT GALLIZIO E LA PITTURA INDUSTRIALE
Pinot Gallizio, (1902-1964), nato e vissuto ad Alba. Un uomo mite e sovversivo al tempo stesso. Certamente un rivoluzionario. Il re degli zingari, come era conosciuto tra gli albesi, ai quali non era sfuggita una foto che lo ritraeva con due enormi orecchini da zingara indossati orgogliosamente nella sua battaglia a favore delle tribù nomadi in qualità consigliere comunale. “L’uomo è sempre l’uomo”, affermava battagliero nel suo continuo intreccio tra arte e politica. Superati i 50 anni si scoprì artista e pittore a seguito anche dell’incontro con il giovane Piero Simondo e con l’artista danese Asger Jorn. Fu con loro che, nella cantina di casa sua ad Alba, fondò, nel 1955, il Laboratorio Sperimentale del Movimento Internazionale per una Bauhaus Immaginista (M.I.B.I.), sede comune di sperimentazione artistica al confine tra artigianato ed industria, come il nome del movimento “Bauhaus” voleva significare, nonchè centro propulsore di battaglie culturali e politiche.
In Gallizio prevalse una riflessione sulla valenza artistica delle reazioni chimiche. L’interesse per le pratiche di associazione e di trasformazione dei materiali lo condusse fra il 1956 e il 1958 – all’invenzione della “pittura industriale”, dipingendo rotoli di tela lunghi fino a 74 metri, destinati a essere tagliati e venduti al metro, per smontare l’idea commerciale ed elitaria dell’arte. Nella sua opera Senza titolo (o rotolo di pittura industriale), 1958 tecnica mista su tela 349 x 70 cm, il gesto libero viene esaltato da Gallizio attraverso pennellate di resine intrise a polveri e pigmenti che creano un’inusuale fusione di colori e forme disgregate.
Accanto al rotolo di Gallizio, l’opera Figurine di Piero Simondo (1955) è un esempio della ricerca artistica del giovane pittore che, due anni prima, aveva iniziato a dipingere pitture astratte, realizzate cucendo a vista teli di cotone solitamente usati per la biancheria da casa. Completano la mostra una selezione di materiali d’archivio che raccontano l’attività artistica di Pinot Gallizio con un particolare approfondimento sul primo Congresso degli artisti liberi che si svolse ad Alba nel 1956.
IL CONGRESSO DI ALBA: 1956 – 2019
Il nuovo modo di concepire lo spazio urbano proposto dagli artisti liberi, il cosiddetto “urbanismo unitario”, si riallaccia a quel prodotto della rivoluzione industriale che Charles Baudelaire chiamava la flânerie, il passeggiare: un modello spontaneo di vita quotidiana, un’idea rivoluzionaria di tempo libero in cui esplorare il territorio, luogo di interazioni e concetto chiave del situazionismo, il movimento radicale politico-artistico, che tanto piacque ai sessantottini, fondato da Gallizio nel retro di un bar, nel 1957, assieme a un un gruppo di giovani artisti e intellettuali, un po’ bohémien, tra cui ancora il pittore Piero Simondo.
E proprio a questa idea si è voluta agganciare l’organizzazione, parallelamente all’inaugurazione della mostra, proponendo, nelle giornate di sabato e domenica 21 e 22 settembre, una serie di eventi che hanno avuto come palcoscenico le sale comunali, ma soprattutto le strade e i vicoli della città, in cui, mediante “l’arte del passeggiare” da una location all’altra, il congresso del 1956 è stato poeticamente rievocato attraverso una serie di differenti comunicazioni affidate ad artisti e curatori che hanno reinterpretato il lascito poetico e artistico dei partecipanti di allora.
IL FUOCO SULLA COLLINA
Sono passati vent’anni dal giorno in cui Sol LeWitt e David Tremlett, due artisti contemporanei di fama internazionale, hanno deciso di illuminare con colori quasi psichedelici che seguono le forme della loro arte la Cappella del Barolo, di proprietà della famiglia Ceretto, nel Vigneto Brunate di La Morra. “Abbiamo voluto accendere un fuoco sulla collina” disse Tremlett. La cappella, costruita nel 1914 come riparo per chi lavorava nelle vigne circostanti e mai consacrata, è diventata uno degli edifici più noti del territorio, grazie all’intervento di Sol LeWitt e David Tremlett, artefici rispettivamente delle decorazioni esterne ed interne. Per festeggiare l’anniversario, nelle giornate di sabato e domenica 21 e 22 settembre la Cantina Ceretto ha organizzato diverse iniziative al suo interno, tra cui una mostra, la realizzazione di un vinile e un programma di performance dal vivo, come tributo alla passione di LeWitt e Tremlett per la musica.
INFO UTILI
Per un rinnovamento immaginista del mondo. Pellizza da Volpedo (Taner Ceylan), Pinot Gallizio (con Constant, Giorgio Gallizio, Asger Jorn, Jan Kotik e Piero Simondo), Mario Merz. A cura di Carolyn Christov-Bakargiev e Caterina Molteni. Chiesa di San Domenico, Via Teobaldo Calissano 7 – Alba (CN). 22 settembre – 10 novembre 2019
Orari: lun–ven: 15-18 | sab-dom:10-12/15-18. Ingresso libero. www.fondazionecrc.it info@famijaalbeisa.it
Evento organizzato dal Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea assieme alla Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo CRC. Tel. 0173/364144 (lun-ven 15:30-18:30).
Testo e foto di Scilla Nascimbene