Nell’immaginario collettivo i depositi sono universi chiusi, sotterranei polverosi, custodi impenetrabili di tesori nascosti e ignorati, spesso associati al mito e al mistero. Si originano dalle scelte fatte dagli uomini, identificano un’epoca e, attraverso la selezione delle opere, rendono possibile rintracciare un gusto, una ragione storico artistica, una esigenza conservativa.
Nati negli anni ‘50, con il progetto di risistemazione del Soprintendente Bruno Molajoli, i cinque depositi medi e grandi del Museo di Capodimonte conservano opere di ogni tipo, importanti, con attribuzione incerta, in condizioni conservative precarie. Tra queste, vi sono la collezione di oggetti esotici che il Capitano James Cook donò a Ferdinando IV di Borbone e i numerosi serviti da tavola in porcellana di Meissen, di Berlino, della Manifattura Richard Ginori, impossibili da esporre per la loro vastità, che testimoniano la necessità della corte sabauda, a ridosso dell’Unità d’Italia, di dotare le nuove residenze e sedi della corte in Italia di adeguati corredi da tavola.
Nel corso degli anni, dai depositi, è stata ricostruita la collezione di oggetti rari di provenienza Farnese attualmente nella Wunderkammer del Museo e la collezione del cardinale Stefano Borgia suddivisa in tre sezioni – il Museo Sacro, l’Arabo Cufico e l’Indico – dopo lunghissimi lavori di ricognizione sull’antico inventario.
La mostra Depositi di Capodimonte. Storie ancora da scrivere (fino al 15 maggio 2019), organizzata dal Museo insieme con la casa editrice Electao, è il secondo capitolo di una trilogia di esposizioni che sfida il principio costitutivo del museo, proponendolo non più come entità statica e immobile, presunta lezione magistrale, ma come luogo di libertà, di creatività, di potenziale espressivo.
In questa mostra saranno esposte centinaia di opere tra dipinti, statue, arazzi, porcellane, armi, e oggetti di arti decorative provenienti unicamente dai cinque depositi di Capodimonte, per raccontarne il ruolo e la storia tra scelte, talvolta impietose, imposte dai dettami del gusto, dalla natura della collezione del museo o dallo stato conservativo delle opere.
Preceduta dalla mostra Carta Bianca. Capodimonte Imaginaire (12 dicembre 2017 – 11 novembre 2018), che ha coinvolto dieci personalità diverse, provenienti, per formazione e professionalità, da ambiti eterogenei dello scibile umano, col compito di reinterpretare le collezioni del Museo attraverso la propria visione personale, sarà seguita da C’era una volta. Storia di una grande bellezza (21 giugno 2019 – 15 Aprile 2020): 150 personaggi delle grandi opere musicali del secolo d’oro napoletano incontreranno, nelle 19 sale dell’appartamento reale di Capodimonte, la storia visuale, la collezione di arti decorative del Museo, con particolare accento sulle porcellane, e l’alto artigianato sartoriale delle grandi produzioni del Teatro di San Carlo, reinterpretando in modo interdisciplinare il temperamento, le eccellenze, la creatività, la curiosità e il bonheur del secolo dei lumi.