Il giorno di Natale a unificare le tavole italiane è la tradizione: le famiglie, riunite per il cenone della Vigilia e per il pranzo del 25 dicembre, amano gustare i piatti di una volta, le cui ricette sono custodite gelosamente e tramandate di generazione in generazione. Anche in Friuli Venezia Giulia il Natale è legato alla memoria e al piacere di riscoprire le proprie radici gastronomiche. Il territorio vanta una tradizione culinaria piuttosto variegata, con influenze dei Paesi limitrofi di Austria e Slovenia. Il risultato è un mix di sapori unici.
I SALUMI, DAL PROSCIUTTO DI SAN DANIELE DOP ALLA PINDULA
Il Friuli Venezia Giulia è innanzitutto sinonimo di arte norcina. In passato, il maiale era allevato a livello familiare in tutta la regione. E il 30 novembre, giorno di Sant’Andrea, coincideva con la data di inizio della macellazione del “purcìt”. Celebre in tutto il mondo è il prosciutto di San Daniele DOP, la cui secolare tradizione è portata avanti dai produttori tutti collocati nel Comune di San Daniele del Friuli. Delicatamente aromatico è il prosciutto di Sauris IGP, che prende il nome dal piccolo paese in Val Lumiei in cui viene prodotto. Il patrimonio norcino del Friuli Venezia Giulia è impreziosito poi dalla pindula, affumicata secondo la tradizione carnica, che prevede l’utilizzo del faggio, del nocciolo e del ginepro, dal salame casereccio friulano, dal salam di Cueste, dal filett Coccau e dalla salsiccia di Sauris.
Molto particolari sono il pestàt di Fagagna, la sasaka e la varhackara. Il primo, presidio Slow Food, è una conserva-condimento pensata per conservare nel lardo di suino i profumi e i sapori delle erbe e delle verdure degli orti nel periodo autunnale, mentre la sasaka, tipica della Val Canale, è preparata con lardo e pancetta speziati, affumicati e macinati. Nata sempre per valorizzare il lardo conservando al suo interno ritagli di salame, speck affumicato, guanciale, pancetta e ossocollo, è la varhackara, presidio Slow Food tipico della Carnia.
ANTIPASTI, IL TOC IN BRAIDE
Tra gli antipasti diffusi nei menu natalizi c’è il Toc in braide, altrimenti conosciuto come “intingolo nel podere” (toc, in friulano, significa proprio intingolo) o come “polente cuinciade” o “polenta condita”. Si tratta di una polentina tenera preparata con farina di mais, su cui viene posta una fonduta di formaggi di vario tipo, tra cui il Montasio DOP. Il piatto viene guarnito con un intingolo di burro fuso, mescolato con farina di mais tostata, o con la “morchia”, un residuo di olio di oliva.
PIATTI: CJARSONS, GNOCCHI DI SUSINE E JOTA
A seconda della zona del Friuli Venezia Giulia, sono tanti i primi piatti associati al Natale. Tipici dell’area della Carnia sono i cjarsons, dei ravioli con un impasto di farina e patate e una farcia che può variare di famiglia in famiglia. Tra i ripieni più diffusi figurano uva passa, pinoli, cioccolato fondente, spinaci, cannella. I cjarsons vengono serviti con una spolverata di scuete fumade, una ricotta di malga affumicata con legna di bosco.
Nella zona della provincia di Gorizia immancabili sono gli gnocchi ripieni di susine, che richiamano l’impero Austro-Ungarico: all’epoca, infatti, le susine erano una delle coltivazioni più diffuse. La pasta fatta con patate, farina e uova avvolge la susina ripiena di pangrattato, zucchero di canna, burro e cannella. La particolarità di questo piatto è sicuramente la sua versatilità: primo piatto, ma anche dessert. Spostandosi verso Trieste si trova la jota, una minestra a base di fagioli, crauti e patate, aromatizzata con aglio, cumino, alloro. In origine, la jota era una minestra rurale, preparata utilizzando i prodotti dell’orto di casa e prodotti di facile reperibilità.
PIATTI: BROVADA E MUSET E TRIPPE DELLA VIGILIA
Tesoro della gastronomia del Friuli Venezia Giulia è la ricetta brovada e muset. Il muset è un cotechino preparato con i tagli magri del muso del maiale, da cui mutua il nome, solitamente lessati. Viene accompagnato dalla brovada, tra i prodotti DOP del Friuli Venezia Giulia, ottenuta dalla fermentazione di rape bianche dal colletto viola, sistemate in tini a strati alterni con vinaccia. In una pubblicazione del 1860, viene riportato un passaggio che testimonia l’abitudine, già in essere nel 1478, di conservare le rape in vinaccia. Di origini ungheresi è invece il gulasch triestino: un piatto a base di carne, lardo, soffritto di cipolle e carote, passata di pomodoro e paprika. Viene solitamente accompagnato con polenta o purea di patate. I giorni antecedenti al Natale, nel Friuli di un tempo, erano giorni estremamente carichi di attesa. Tra i tradizionali pasti consumati prima dei grandi festeggiamenti nella città di Udine un’usanza speciale era dedicata alla trippa, considerata cibo “di magro”, servita nelle osterie cittadine la sera della Vigilia. La versione più comune era la trippa con sugo e formaggio, un piatto a lungo ritenuto povero ma da sempre molto apprezzato.
DOLCI INFLUENZE: GUBANA, PUTIZZA E PRESNITZ
La stagione natalizia è quella dei grandi lievitati. Anche il Friuli Venezia Giulia ha il suo lievitato tipico: la gubana, originaria delle Valli del Natisone, è una spirale d’impasto farcita con noci, pinoli, uvetta, fichi secchi e prugne secche. Non troppo dissimile dalla gubana è la putizza, dolce tipico triestino con origini slave a base di pasta lievitata ripiena di frutta secca, cioccolato, uvetta, miele e cannella. Altro tipico dolce triestino, comune sulle tavole del Natale, è il presnitz, a base di pasta sfoglia arrotolata con un ripieno di noci, mandorle, pinoli, fichi, prugne, albicocche, uvetta, cioccolata grattugiata, zucchero, cannella, chiodi di garofano e rum. Sembra che sia stato preparato la prima volta nel 1832 in onore di Francesco I e dell’imperatrice d’Austria in visita alla città giuliana. Il dolce, che originariamente riportava la scritta “se giri il mondo ritorna qui”, fu insignito del “Preis Prinzessin” (Premio Principessa), che venne successivamente chiamato dai triestini in presnitz. Dalle Valli del Natisone provengono gli strucchi, piccoli fagottini, con lo stesso ripieno della gubana, solitamente inzuppati nella grappa. Per gli amanti delle curiosità, un tempo venivano offerti al posto dei confetti durante i matrimoni.
I VINI DOLCI: RAMANDOLO E PICOLIT
I due vini dolci più famosi in Friuli Venezia Giulia sono i vini DOCG Ramandolo e Picolìt, che negli ultimi decenni hanno compiuto grandi progressi, divenendo prodotti di straordinaria finezza, capaci di figurare a pieni voti in ogni contesto. Tra i due, il Ramandolo può essere prodotto soltanto in una sottozona tra i territori comunali di Nimis e Tarcento in provincia di Udine, vicino al paese Ramandolo da cui prende il nome. Il Picolìt, invece, è ottenuto dalle uve vendemmiate in tutto il comprensorio collinare, vantando l’indiscussa qualità tutelata dalla DOCG. Entrambi i vini rappresentano un ottimo abbinamento con i dolci natalizi. Per il brindisi di Capodanno, invece, la bollicina per eccellenza in Friuli Venezia Giulia è la Ribolla Gialla spumantizzata.