Ti è mai capitato di percorrere un itinerario usuale e di scoprirne, un giorno, un tratto nuovo, sorprendentemente suggestivo?

Santa Fosca, provincia di Belluno, Val Fiorentina. Da più di quarant’anni vacanze estive ed invernali, figli e nipoti, escursioni, passeggiate, sciate. Insomma, ricordi di famiglia.

Frazione L’Andria, sopra al paese, tranquilla, molto soleggiata: poche case, caratteristiche architetture locali, i fienili, orti, una stalla, le fontane con l’acqua che scorre, la chiesetta di Sant’Osvaldo in posizione dominante su un poggio: vista sul Pelmo.

Un freddo pomeriggio di gennaio, la giornata splendida mi spinge a salire dal paese alla frazione per godere l’ultimo sole. Giunta al ponte sul torrente Loschiusol noto una indicazione, mai vista prima, su un cartello di legno di larice, Mulino, ma il sentiero è innevato. Di lì non si sale.

Procedo, percorrendo la strada usuale, svolto a destra, via Toffol, che si inerpica sul monte. Proprio in fondo si apre un piccolo spiazzo, leggermente in discesa verso il torrente. Eccolo il mulino con la grande ruota di legno; aggiro l’antica costruzione, sul lato opposto altre due grandi ruote e, sopra, due condutture, pure di legno.

Nel silenzio puoi immaginare di sentire il rumore dell’acqua che scorre, delle ruote che girano e che lavorano, così come tutti gli abitanti del villaggio, lavoratori operosi in quella che, lo capisco ora, era la parte viva di Santa Fosca, quella che, in mezzo ai prati, coltivava i cereali, produceva le farine, cuoceva il pane: una comunità che bastava a se stessa, in queste stupende montagne.

Donatella Visani

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