Pensieri e tecniche – il proprio stile

Ogni fotografo ha una particolare sensibilità. Il proprio lavoro viene apprezzato per la capacità di vedere e comunicare qualcosa che si riesce a cogliere grazie alla propria creatività. È la propria personalità che fa riprendere determinati momenti rispetto ad altri, questo aspetto si traduce in quel che viene chiamato “stile fotografico”.

Con il termine “stile” si intende sia il lato tecnico della fotografia (colori tenui o accesi; contrasti forti o deboli, inquadrature grandangolari o strette e altri aspetti) sia il contenuto (i soggetti, il significato, il messaggio). Per capire il proprio stile si inizia pensando ai propri gusti personali: piace l’architettura, i cibi o i vestiti e la moda? E che tipo di illuminazione e colori? Chiaramente sono molti gli aspetti che influenzano lo stile.

Un racconto trae beneficio dalla presenza di un tema comune, che dà un senso di continuità. Ci si può concentrare sulle particolarità di un luogo, come mostrare esemplari di piante diversi in un posto con natura rigogliosa o raccontare la realtà della vita contadina se si visita una zona rurale. All’interno di una serie di foto è comunque bene variare: avere uno stile definito non vuol dire scattare fotografie estremamente simili l’una all’altra, altrimenti si perde l’interesse di chi guarda. Salire su palazzi con terrazze panoramiche e sbirciare in strade secondarie regala sempre nuovi interessanti punti di vista.

Luce – alba e tramonto

L’alba e il tramonto sono situazioni vantaggiose, i colori e le luci creano un’emozione a prescindere dal soggetto ripreso. In base a come ci si rivolge rispetto al sole, si può ottenere un’illuminazione laterale, controluce o frontale, e in situazioni fortunate si ottengono contrasti e suggestioni davvero magici.

Nonostante i nostri occhi si adattino alla luminosità presente, in realtà quando il sole è vicino all’orizzonte rischia di non esserci una quantità di luce sufficiente per fotografare la scena a mano libera; quindi per scattare in quei momenti conviene portare un cavalletto.

Inoltre, si incorre nel rischio di avere una gamma dinamica eccessivamente alta, con zone del cielo molto luminose e parte del terreno del tutto nero. Se non si dispone della possibilità di ritoccare l’immagine con un software di post-produzione, si può inquadrare una piccola striscia di cielo e mostrare molto terreno e quindi esporre correttamente quest’ultimo, oppure esporre bene il cielo e lasciare che il terreno sia solo una sagoma nera.

Il riverbero viene solitamente evitato, ma può essere anche espressivo. Per rimuoverlo si usa il paraluce; in mancanza del paraluce, si può allungare il braccio davanti a se e tenere in ombra tutta la lente con la mano.

Il bilanciamento del bianco può dare incertezza. Le macchine fotografiche digitali calcolano i colori in base a quello che leggono nella scena, ma se la scena ha un colore predominante, possono dare risultati leggermente diversi dalla situazione reale. Se si riscontrano colori troppo discostanti dalla realtà, si possono provare le diverse impostazioni automatiche del bilanciamento del bianco; in alternativa, si può impostare manualmente: inserendo direttamente la temperatura del colore (in Kelvin) della fonte di luce oppure bilanciando personalmente la macchina fotografica (leggere il proprio libretto di istruzioni perché il processo varia leggermente di marca in marca; sarà necessaria una superficie bianca di dimensione equivalente almeno a un foglio A4 circa).

Al tramonto si riconoscono diversi momenti: “golden hour”, la più apprezzata, sui toni del giallo e del rosso; “ora magica”, quando il sole è già tramontato ma c’è ancora luce, i colori sono tenui, sul viola e blu con accenni di arancione; e “ora blu”, gli ultimi momenti di luce della giornata molto brevi, a volte quasi impercettibili, che regalano un ambiente blu dall’atmosfera sognante. L’alba ha dei colori diversi, più freddi, ma ugualmente interessanti.

L’inquadratura – un solo elemento

Un solo soggetto su uno sfondo neutro comporta diverse scelte. Come prima cosa, bisogna decidere se inquadrarlo riempiendo la cornice o se far vedere anche lo sfondo; la decisione può essere presa in base alla quantità di dettagli interessanti del soggetto, oppure in base all’importanza dello sfondo nell’arricchire il significato dell’immagine. Osservando le due fotografie a lato: l’insetto riempie tutta la cornice perché è interessante vederne i dettagli fisici; il ragazzo, invece, è solo caratterizzante di una figura umana, ma il soggetto dell’immagine è il gesto di entrare in mare, quindi l’ampiezza dell’inquadratura aiuta a comunicare l’atmosfera rilassata e la vastità del mare.

Posizionare un solo punto in un rettangolo, crea delle tensioni visive a prescindere dall’aspetto. Quando il punto si trova perfettamente al centro, l’immagine è statica; decentrandolo crea un apparente movimento. In una fotografia, quel “punto” è un soggetto con dei colori e delle forme, che a loro volta influenzano il suo peso visivo rispetto all’inquadratura. Spiegando il concetto con un esempio: immaginiamo la fotografia di un calciatore che corre su un campo da calcio muovendosi verso sinistra, se lo inquadriamo sul lato sinistro della cornice, guardando la fotografia appena scattata avremo l’impressione che il calciatore stia uscendo dai bordi dell’immagine perché “corre verso di essi”; se lo inquadriamo sul lato destro, il calciatore starà “correndo verso il centro”, quindi avremo una percezione di equilibrio perché il nostro soggetto sta “occupando” la cornice, “muovendosi” al suo interno. L’occhio automaticamente si muove seguendo la dinamica del soggetto ripreso, quindi per inquadrare bisogna riflettere sul peso visivo di quest’ultimo.