Diciamolo subito: per quanto splendidamente attrezzato il camper non è una centrale elettrica. Non dobbiamo dimenticare che uno degli aspetti più nobili (e sostenibili) della vita all’aria aperta è la capacità di insegnare a limitare proprio consumi e ad apprezzare le piccole comodità che si riescono ad ottenere anche senza un collegamento alla rete dell’elettricità. Quindi, partiamo dal presupposto che, la filosofia di chi sceglie di viaggiare in camper comprenda anche la voglia di imparare a dosare il proprio bisogno di energia e contenere l’utilizzo di elettrodomestici: fornetti scaldavivande, tostapane, asciugacapelli, piastre per capelli, ferri da stiro, coperte elettriche, rasoi elettrici, aspirapolvere andrebbero eliminato o per lo meno usati con parsimonia in una vacanza itinerante in pleinair, soprattutto in base al loro differente consumo. In genere, più scaldano o freddano e più consumano. Se si vogliono utilizzare davvero tutti gli elettrodomestici di casa, con la stessa frequenza, è necessario essere “attaccati” alla 220 V, fermandosi quindi in una sosta attrezzata o producendo in autonomia la giusta quantità di corrente elettrica, come spiegheremo in seguito. Quando ci si allaccia alle spine di un campeggio o un punto sosta, l’elettricità ricarica le “batterie di servizio”, cioè quegli accumulatori che servono esclusivamente gli interni e non vengono impiegati nell’accensione del motore. Le migliori sono quelle “a scarica lenta”, che, indipendentemente dal tipo (al piombo classico, agm, gel…), in base alla qualità (e prezzo), permettono di essere “scaricate” completamente e ricaricate più volte, senza riportare danni e mantenendo il giusto voltaggio durante l’uso. Ma anche così, per utilizzare gli apparecchi domestici, il camper (che solitamente è attrezzato con un impianto a 12 V per i servizi interni: luci, frigo, riscaldamento, prese) deve essere dotato di una o più presa a 220V, normalmente posizionata in bagno o in cucina nei modelli prodotti in serie. Esistono anche in commercio, nei negozi specializzati, degli elettrodomestici per l’uso direttamente a 12V, che possono quindi essere collegati alle prese dell’impianto a 12V del camper. Anche in questo caso, però, bisogna fare attenzione al consumo totale, che deve essere pari o inferiore alla capacità del carica-batterie che sta rifornendo gli accumulatori dalla linea 220V. In caso contrario infatti si rischia di consumare la riserva di energia accumulata nelle batterie, necessaria poi le soste libere. Questi apparecchi a 12V hanno la comodità di poter essere utilizzati, facendo molta attenzione al consumo e al cablaggio richiesto, anche in pleinair, sempre in base alla capacità di accumulo delle batterie. È possibile dotarsi anche di un inverter, magari portatile, cioè un dispositivo che trasformi la tensione a 12V fornita dall’impianto del camper in corrente a 220V, necessaria ai normali elettrodomestici (ad esempio per collegare un computer o un telefonino). Bisogna però fare attenzione, nel caso non si sia collegati alla rete nazionale, alla potenza dell’apparecchio che si collega, perché sia l’inverter che le batterie devono poter sostenere il picco di Watt richiesto. Ad esempio, un phon che scaldi a 1200W avrà bisogno di un inverter di pari o maggiore potenza e di una capacità adeguata delle batterie in Ampere per sostenere la richiesta nel tempo. Ma ancora una volta, la filosofia del viaggio itinerante vorrebbe che si cercasse di contenere l’uso di questi apparecchi “voraci” di energia al minimo indispensabile, spostandone l’impiego quando si è fermi in zone attrezzate. Persino l’uso delle luci dovrebbe essere limitato, pur montando lampadine a led a bassissimo consumo.
Fresco e caldino, ma quanto mi costi
Discorso a parte va obbligatoriamente fatto per il frigo, vera spina nel fianco di ogni camperista, l’elettrodomestico considerato ormai indispensabile, ma dai consumi davvero notevoli. Mentre è possibile rinunciare alle altre comodità, sino a quando non si collegati alla rete, è davvero più difficile non consumare cibi refrigerati ad ogni ora del giorno, tutti i giorni. Purtroppo però un comune frigorifero da camper consuma circa 45-65W/h, arrivando quindi a mettere velocemente in crisi le normali batterie di servizio, se non si hanno strumenti di ricarica.
Stesso discorso, anzi ancora più “grave”, per l’aria condizionata dell’abitacolo: spento il motore, un moderno impianto rinfrescante da tetto, che abbassi la temperatura nella cellula abitativa consuma come minimo 600-650W. Oppure per il riscaldamento, che nella maggior parte dei casi, sia a gasolio o a gas, è dotato di ventole e pompe con un consumo variabile di energia, dai 40 ai 60W/h.
Ecco quindi che diventa indispensabile avere una fonte alternativa di energia.
Energia verde: i pannelli fotovoltaici
Cosa succede, quindi, quando scegliamo una vacanza più in movimento e proviamo ad essere autonomi nella produzione di energia? Le possibilità sono molteplici. La più ecologica, silenziosa ed autonoma è sicuramente la scelta di posizionare pannelli solari fotovoltaici, che nella maggior parte dei casi andranno fissati sul tetto del veicolo. A grandi linee, per fare un po’ di chiarezza, ne esistono di tre tipi: monocristallino, policristallino ed amorfo, che a loro volta possono essere sia flessibili che rigidi. I più adatti al camper sono i rigidi, che a parità di grandezza hanno rese maggiori e sono più resistenti agli urti. Il monocristallino ha le rese migliori se direzionato perfettamente allo zenith del sole, seguito subito dal policristallino, con un rendimento quasi doppio, a parità di dimensione, rispetto ad un amorfo. Entrambi, però, perdono tutto il loro vantaggio appena il sole risulta inclinato (come avviene normalmente in un camper durante la giornata) oppure in caso di tempo nuvoloso o se vengono anche solo in parte ombreggiati, da un bagaglio sul tetto, da un albero o da un palazzo. Nel mono e policristallino, anche una sola parte in ombra impedisce il funzionamento anche della parte soleggiata, come invece non avviene nell’amorfo. Quindi, facendo un conto generale sul totale della giornata e delle condizioni meteo che si possono incontrare, le due tipologie di pannello quasi si equivalgono. Mediamente, viste le dimensioni del tetto di un camper, si posizionato due o tre pannelli dagli 80W ai 120W. Difficile dare una misura definitiva ed univoca, ognuno dovrà valutare i suoi consumi e le sue necessità, oltre che preoccuparsi di un’accurata pulizia, visto che anche un leggero strato di polvere può ridurre moltissimo la potenza generata. Tutti i tipi di pannello hanno la necessità di essere collegati ad un regolatore di carica, che modula l’ingresso della corrente prodotta alle batterie, in base alle loro necessità, evitando di surriscaldarle.
La produco da me: i gruppi elettrogeni portatili
Indubbiamente diversa, per autonomia, sostenibilità ambientale e rispetto del prossimo, la scelta di dotarsi di un gruppo elettrogeno, che, collegato alla presa esterna del camper si comporta esattamente come la corrente domestica, ricaricando le batterie e alimentando le prese interne dell’impianto 220V. I modelli più comuni sono a benzina e riescono facilmente ad erogare da 1 a 3 kgW/h, mantenendo dimensioni contenute (mediamente poco più grandi di una cassa di birra per 2KGW/h). Le versioni migliori delle marche più care riescono ad essere relativamente silenziate rispetto al passato, mentre si possono ottenere anche 5-6 KW/h, ma con ingombri più importanti. La pecca più grande è sicuramente il disturbo che si arreca a chi si trova nelle vicinanze, sia per quanto riguarda il rumore, che i gas di scarico. Inoltre, devono essere posizionati all’esterno e, per quanto idonei a resistere a brevi scrosci di pioggia, devono essere protetti dagli allagamenti, nonché riposti bagnati o infangati. I consumi si aggirano attorno al litro/h per 2 KW/h.
Esistono anche generatori per la produzione di 12V, alimentati a metanolo (detti pile a combustibile), che emettono come gas di scarico solo vapore acqueo, oltre ad essere perfettamente silenziosi. Possono produrre sino a 1600 W/h, con un consumo di circa un litro/h, con dimensioni simili al generatore a benzina, ma sono ancora molto costosi (mediamente, più del triplo) e la reperibilità del metanolo è ancora piuttosto complessa, oltre che dispendiosa (5-7 €/l). Inoltre possono lavorare solo tra -20°C e +40°C, a fronte del range della temperatura della benzina ( -50°C circa/+80°C circa).